Quando l’altro diventa un problema: la Fobia Sociale

La caratteristica della Fobia Sociale secondo il modello cognitivo è il forte desiderio da parte del soggetto di dare un’immagine positiva di sè agli altri, desiderio che si accompagna ad una grossa insicurezza e incertezza circa tale risultato. Le persone con tali paure quando affrontano una situazione sociale la giudicano estremamente pericolosa, temono di poter agire in modo inadeguato e inaccettabile e pensano che tale comportamento avrà gravi conseguenze per il loro status sociale. Da questi giudizi di pericolo deriva la condizione di ansia che si manifesta attraverso cambiamenti sia fisiologici che cognitivi ed emotivi. Questi sintomi sono visti  come ulteriori fonti di pericolo essendo giudicati come minacce per le proprie capacità e per l’opinione di sè, conducendo ad un escalation dell’ansia e al mantenimento del problema.

Una tendenza che si ritrova spesso in questi soggetti è quella di rimuginare molto sull’evento sociale che devono affrontare, naturalmente il contenuto delle rimuginazioni è negativo e continua anche dopo l’evento. Le reazioni con gli  altri non sono osservate  rispetto alle proprie prestazioni ma questi soggetti si concentrano solo sugli effetti, assumendo erroneamente che la valutazione e la percezione che ne hanno coincida con quella che ne hanno gli altri. Spesso vengono utilizzati, comportamenti protettivi che, però, hanno solo l’effetto di perpetuare l’ansia e rafforzare l’idea di essere valutato negativamente da tutti. Beck (1976) evidenzia che la Fobia Sociale è determinata da un processo circolare autoperpetuante, nel quale le aspettative negative del soggetto fobico lo rendono più pauroso ed inibito, quindi inadeguato sul piano comportamentale quando si trova in contesti sociali.  il trattamento cognitivo comportamentale della Fobia sociale prevede preliminare verifica della natura del Disturbo; di solito si riscontra un deficit di abilità o la loro inibizione causata da elevati livelli d’ansia.

Secondo il paradigma cognitivo comportamentale una persona è definita socialmente abile quando il suo comportamento è caratterizzato da quella che possiamo definire affermatività sociale, cioè capacità di difendere i propri diritti, esprimere i propri sentimenti positivi e negativi,  essere empatico con gli altri e avere una buona autostima.

Il cibo come fonte di ben-essere…

I disturbi della condotta alimentare si caratterizzano per la presenza di alterazioni del comportamento alimentare e si sviluppano lungo un continuum dove i diversi sintomi e tratti comportamentali possono combinarsi tra loro, producendo una gamma di situazioni eterogenee all’interno delle quali si collocano le più conosciute Anoressia e Bulimia. Possiamo porre l’attenzione sul meccanismo base che si riscontra in questi disturbi che è il rapporto introduzione del cibo e la neutralizzazione dello stesso con una preuccupazione costante di controllo soprattutto sul peso. 

Possiamo suddividere il comportamento alimentare in tre momenti:

  • inizio costituito dalla sensazione di fame e dalla ricerca di cibo
  • fase consumatoria
  • arresto collegato alla sensazione di sazietà                                                                            

numerosi fattori di ordine psicologico, sociale e culturale non metabolici possono interferire e condizionare ciascuna fase, quindi possiamo sicuramente sottolineare che il nostro rapporto con il cibo è mediato da tutta una serie di emozioni e assume molto spesso un significato particolare secondo la nostra storia e le nostre esperienze.

Per quanto riguarda i fattori psicologici si possono riscontrare alcune caratteristiche ricorrenti come: scarsa identità personale, bassa autostima, bassa autoefficacia, senso di inadeguatezza, incapacità di riconoscere o gestire le proprie emozioni. Il ruolo della bassa autostima è condiviso da molti modelli cognitivo comportamentali che vedono l’assunzione o perdita di peso come criteri di riferimento per la valutazione di sè; alcune pazienti definiscono in maniera molto chiara l’esistenza di un peso che costituisce una soglia ponderale oltre la quale si innesca la reazione di paura legata a varie motivazioni come: possibile ritorno di mestruazioni, normale funzionamento delle funzioni ipotalamiche e  ipofisarie  mettendo in atto, quindi, una risposta fobica  alle richieste esterne di crescere.

Il trattamento dovrà mirare a favorire il riconoscimento e l’espressione adeguata delle emozioni e ad incrementare le scarse capacità di coping, aiutando la persona ad identificare le situazioni problematiche e generare risposte nuove.

Le fobie: Paure di ieri e Paure di oggi…

 Sempre più spesso sentiamo parlare di paure specifiche: quella dei ragni, dei serpenti, dei cani, dell’altezza, dell’aereo etc. che possono risultare invalidanti per la persona, immaginiamo, ad esempio, se un manager con la  paura dell’aereo dovesse andare in un altra nazione per concludere un affare importante, non è difficile immaginare la difficoltà di questa cosa…. I contenuti delle fobie sono cambiati  nel corso del tempo ma le caratteristiche dei soggetti fobici non hanno subito analoghe modificazioni.

Con il progresso scientifico e tecnologico sono comparse sicuramente tante  paure ma ne sono  anche scomparse  delle altre come, ad esempio,  la demonofobia molto diffusa soprattutto nel sedicesimo secolo.

Possiamo distinguere diverse tipologie di paure come quelle focali che sono reazioni specifiche a situazioni stimolo e quelle diffuse che sono riferite a una condizione di reattività ad un elevato numero di situazioni stimolo. L’acquisizione delle fobie è riconducibile ad un tipo di appremdimento che viene denominato condizionamento classico in cui uno stimolo, inizialmente neutro, viene associato ad uno stimolo avverzivo e assume per questo motivo valenza fobica. Qualsiasi stimolo pertanto può assumere  tale caratteristica ma sicuramente alcuni hanno maggiore probabilità di altri. Per effetto di un altro tipo di condizionamento detto operante, poi, la persona mantiene un comportamento di evitamento dello stimolo, diventato fobico, perchè questo permette di ridurre l’ansia associata alla situazione. Si sono evidenziati diversi percorsi che portano a sviluppare paure fobiche ad esempio Rachman  (1991) ne ha identificati tre: il condizionamento, la trasmissione indiretta e l’acquisizione verbale; Il processo comune è l’acquisizione di una rappresentazione che collega lo stimolo ad un risultato temuto o ad un evento avverso. La persona può  acquisire conoscenza di una relazione contingente  stimolo-pericolo attraverso la sua esperienza diretta ma anche vedendo un modello che ha una reazione di paura e apprendendo che dovrà temere ed evitare lo stimolo, alcuni studi di psicologia sociale, ad esempio, mostrano che le madri di bambini fobici sono mediamente più ansiose  delle altre ed esiste una relazione tra  il contenuto delle loro paure e quelle dei figli.

 Obiettivi di un trattamento dovrebbero essere:

  • ridurre il livello d’ansia scatenata dall’esposizione
  • ridurre il livello dell’ansia anticipatoria
  • ridurre il grado di evitamento della situazione fobica

Qual’è la mia ansia?

Secondo il DSM IV esistono quattro categorie di disturbi d’ansia: il disturbo di ania generalizzato; i disturbi fobici; i disturbi ossessivo compulsivi; il disturbo di panico.

Il disturbo di ansia generalizzato non presenta un oggetto specifico e si presenta in stuazioni differenti tra loro. In genere chi soffre di questo disturbo ha un atteggiamento che rivela uno stato d’allarme e di tensione ed è sempre vigile nei confronti dell’ambiente come per individuare posibili fonti di pericolo. Ciò che le persone con questo tipo di disturbo lamentano più spesso è un senso di grande preoccupazione in genere per la famiglia, lavoro, denaro e la salute. Alla base dell’esacerbazione dell’ansia fluttuante c’è spesso qualche fattore ambientale stressante.

I diturbi fobici sono caratterizzati da un’ansia persistente ed irrazionale in relazione ad un oggetto o situazione particolare sproporzionata rispetto al pericolo reale. Ce ne sono di diversi tipi: Agorafobia (paura di trovarsi in luoghi ampi ed estranei specie se affollati o in situazioni da cui sarebbe difficile scappare o trovare aiuto in caso di comparsa di sintomi); Fobia semplice (paura persistente di un oggetto o situazione); Fobia sociale (paura persistente di situazioni in cui si è soggetti a un esame, a un giudizio  o a una critica); Disturbo ossessivo compulsivo (si presenta con ossessioni, cioè pensieri incontrollabili e compulsioni che sono azioni incontrollabili e riconducibili alle ossessioni); chi ha il disturbo ossessivo compulsivo ha pensieri ed idee fisse e si sente costretto a ripetere più volte e involontariamente comportamenti simili e rituali).

I disturbi da panico sono forse la manifestazione più devastante dell’ansia, un fenomeno di breve durata ma così violento da dare a chi ne è vittima la sensazione della morte imminente. Tale picco d’ansia o ansia acuta viene appunto chiamato Attacco di panico ed è il disturbo psicologico più noto ma anche il più diffuso.  L’attacco di panico molte volte insorge all’improvviso e dura pochi minuti. Per tornare allo stato di quiete è necessario un giorno o anche più. In genere l’attacco di panico comporta depersonalizzazione, sensazione di essere estranei al proprio corpo, e derealizzazione cioè la sensazione che il mondo sia irreale. Le complicazioni dovute agli attacchi di panico sono di diversi tipi: dopo il primo attacco la persona colpita, infatti,  comincia a vivere nel terrore che possa ricapitare ed evita di ripetere l’atto e ritrovarsi nel luogo del primo attacco; la persona che soffre di attacchi di panico teme di sfigurare di fronte agli altri e evita le situazioni sociali o le vive con forte disagio. Quando le situazioni sopra descritte si protraggono nel tempo la persona può scivolare in uno stato depressivo importante.

Ansia… dal ruolo adattivo a quello invalidante

L’ Ansia è un’emozione caratteristica dell’essere umano; il termine deriva dal latino” Anxia”, cioè, condizione di agitazione e di preoccupazione, da “agere” che significa stringere, soffocare. Possiamo definirla come stato di tensione emotiva caratterizzato da sintomi quali tensione muscolare, sudorazione ed aumento della frequenza cardiaca. Oggi possiamo dire che l’ansia si manifesta lungo un continuum ai cui estremi vi sono la condizione normale e adattiva e quella patologica  e disadattiva. Non dobbiamo confonderla con la paura poichè quest’ultima è relativa ad un pericolo reale e specifico. L’ansia si manifesta nella persona attraverso il sistema fisiologico, cioè, con sudorazione, tachicardia etc; attraverso il sistema comportamentale che è osservabile in maniera oggettiva e attraverso il sistema cognitivo con pensieri di pericolo, preoccupazioni aspettative negative etc.

I disturbi d’ ansia sono riconducibili ad una distorsione nell’interpretazione personale degli eventi; i comportamenti conseguenti a tale interpretazione mantengono il disturbo. Le distorsioni nell’interpretazione degli eventi si esprimono attraverso pensieri automatici, a loro volta derivati da convinzioni che l’individuo ha nei confronti di se stesso e della realtà. Le convinzioni e le assunzioni di base sono rappresentazioni stabili del modo in cui la persona conosce, organizza in schemi; queste influenzano i comportamenti e modellano il modo in cui l’esperienza viene elaborata.  In queste persone si riscontra un ipervalutazione del pericolo e della minaccia e sottovalutazione della capacità personale di fronteggiamento; in questo modo si attivano schemi di pericolo che vanno a rinforzare le manifestazioni di ansia e le risposte comportamentali che ne conseguono. L’assessment di questi disturbi comprende la valutazione distinta di tre sistemi che caratterizzano la risposta d’ansia:  sistemi soggettivi, sistemi motori e comportamentali, sistemi fisiologici.

Nel quadro clinico dei soggetti con questi disturbi si rilevano: un’interpretazione fatalistica della propria sofferenza con un’attegiamento di passività e attesa di un cambiamento che deve avvenire per miracolo; stile di comportamento e conoscenza caratterizzato dall’evitamento delle situazioni nuove; attività mentale continua per far si che si sia preparati all’arrivo di eventuali pericoli.

Le varie manifestazioni di disturbi che rientrano in questa categoria sono accumunati da timore sproporzonato del danno e pensiero catastrofico, cioè, il soggetto prevede molte conseguenze negative e considera il pericolo come inevitabile; timore dell’errore e perfezionismo patologico, cioè, la tendenza a considerare gli errori inaccettabili e causa di conseguenze negative; intolleranza per gli stati di incertezza  e valutazione negativa di sè attribuendosi responsabilità per il verificarsi di un evento negativo a causa dell’incapacità prestazionale e carenze nel controllo dell’emozioni; necessità di controllare la realtà interna ed esterna che induce alla ricerca della certezza assoluta nell’ illusione di poter prevenire il verificarsi di eventi negativi.

Le distorsioni logiche nella persona con depressione

La presenza di distorsioni logiche definite come processi di “ideazione depressiva” si può manifestare attraverso un pensiero involontario che compare in modo automatico e si manifesta in forma breve alimentato dagli schemi cognitivi propri  del soggetto. Se dovessimo fare un esempio potremmo dire: “è colpa mia se le cose vanno male”. Secondo Beck, ad esempio, la convinzione depressiva è mantenuta dalla triade cognitiva caratterizzata da convinzioni negative su di sè, sulla realtà esterna, sul futuro. La triade cognitiva costituisce il contenuto tematico specifico e distintivo del Disturbo Depressivo, in cui,  la persona è portata a vedere se stesso come inadeguato, difettoso sentendosi indesiderabile e inutile; interpreta negativamente le sue interazioni con il modo, criticando ogni cosa che fa, fraintendendo le situazioni a causa della visione negativa e  pessimista. Una tendenza particolare che si riscontra in questo tipo di persone è quella di interpretare le situazioni prevedendo frustrazioni e difficoltà future come il naturale prolungamento di quelle attuali, con la previsione che queste continueranno all’infinito.

Le distorsioni logiche più frequentemente riscontrate nella Depressione sono di diverse categorie: catastrofizzazione, inferenza arbitraria, astrazione selettiva, ipergeneralizzazione, pensiero dicotomico, personalizzazione, esagerazione e minimizzazione.

Vediamole nello specifico:

La catastrofizzazione è la tendenza della persona a prevedere nel suo futoro solo eventi negativi ignorando spesso possibili esiti contrari,quindi positivi, delle cose che fa.

L’ interferenza arbitraria è la tendenza del soggetto a trarre conclusioni di solito, ovviamente, negative di un evento o situazione in assenza di prove che sostengono ciò che pensa ma anche in presenza di elementi che lo contraddicono.

L’astrazione selettiva è la tendenza ad estrapolare un solo dato o alcuni dati da una situazione interpretandola  sulla base di questi senza tenere conto di altre informazioni che possono essere disponibili o possono essere contrarie a quelle prese in esame.

L’ ipergeneralizzazione è la tendenza a estendere le caratteristiche proprie di un evento o di un’esperienza che la persona ha fatto per interpretare altre esperienze simili in modo del tutto arbitrario.

Il pensiero dicotomico porta nell’interpretazione di una situazione o evento ad utilizzare le categorie nettamente contrapposte tipo “tutto o niente” che rendono limitata e a volte imprecisa l’interpretazione della situazione stessa.

La personalizzazione è la tendenza a riferire a sè eventi esterni anche se non ci sono dati che supportano questa convinzione.

 L’ esagerazione e  la minimizzazione, invece, sono la tendenza ad enfatizzare gli aspetti negativi di sè e degli eventi sottovalutando gli aspetti positivi.

Depressione…..e quotidianità

Il disturbo dell’umore si caratterizza per la profonda tristezza, incapacità di provare piacere che può portare all’indifferenza verso ciò che prima recava soddisfazione.

I sintomi vegetativi riguardano: la sfera sessuale, in cui si nota diminuzione del desiderio; rapporto con il cibo che può essere caratterizzato da inappetenza o iperfagia; area del sonno. Nell’area del linguaggio si ha una riduzione della fluidità, della varietà dei contenuti e della terminologia impiegata; le funzioni psichiche in generale sono rallentate. Il soggetto depresso riporta sentimenti di colpa ed indegnità riferiti a se stesso, ha una visione pessimista della realtà con la convinzione spesso di non poter essere aiutato, mancanza di speranza e a volte può ritenere il suicidio come unica soluzione per liberarsi dalla sofferenza.

 La teoria comportamentale basata sul condizionamento ritiene centrale il ruolo dei rinforzi ricevuti per i comportamenti emessi. Noi, infatti,  riproponiamo un comportamento sulla base di rinforzi positivi (premi) in assenza dei quali l’azione tende ad estinguersi. Possiamo vedere la condizione depressiva come mancanza di ricompense delle proprie attività, motivo per il quale il soggetto ridurrebbe  l’attività e sperimenterebbe un vissuto di perdita di controllo sugli effetti del proprio comportamento. Questa condizione di ritiro dall’interazione con l’ambiente coinvolge sia le attività finalizzate a soddisfare i bisogni e raggiungere gli obiettivi sia i rapporti interpersonali.

 Per la persona che soffre di depressione, quindi, fattore critico non è rappresentato dall’esposizione allo stimolo avversivo ma dalla mancata percezione del legame tra quest’ultimo, il proprio comportamento e la risposta dell’ambiente. La persona si sente impotente e sviluppa una considerazione negativa di sè e della caratteristiche personali che ritiene essere la causa dei suoi insuccessi.  Abramson e coll. nel 1978 rifacendosi alla teoria di Seligman individuarono un sottotipo di Depressione definita “Hopelessness Depression”. Questo tipo si caratterizza per la presenza di aspettative circa il verificarsi di eventi molto dannosi e-o il non verificarsi di eventi molto desiderati da parte della persona che percepisce se stesso come incapace di possedere le risorse utili per fronteggiare gli ostacoli. Il verificarsi di situazioni negative comporta emozioni negative e di conseguenza favorisce uno stile di attribuzione che comporta scarsa autostima e crea condizioni per lo sviluppo della patologia. Pertanto l’attribuzione causale  per la persona con depressione è di questo tipo: le sue caratteristiche interne globali e stabili  sono all’origine del fallimento e fattori dell’ambiente esterno sono all’origine del successo.

Famiglie moderne…le dispute sui ruoli

In molte dispute coniugali il problema principale è rappresentato dalle aspettative che i partner hanno circa i rispettivi ruoli all’interno della famiglia: che cosa significa essere moglie? madre? padre? marito?.

Spesso si  possono riscontrare idee divergenti su moltissime sfaccettature della vita quotidiana, ad esempio, sul modo di procurare e spendere il reddito della famiglia, sul ruolo dei genitori, sull’educazione, sulle attività sociali  e anche su come impiegare il tempo libero. I coniugi si sposano portando con se tutta una quantità di preconcetti su questioni pratiche ed emotive, di solito le loro aspettative si sono formate in tempi remoti attraverso le esperienze infantili; se il comportamento dei genitori è stato preso come modello da ricalcare si avrà la tendenza a farlo  ed a chiedere al marito o moglie di farlo, invece, se questo non è stato vissuto come buono si può cercare di agire diversamente da loro e aspettarsi che  anche la moglie e il marito abbiano una condotta diversa da quella del proprio padre o della propria madre. nel primo periodo di matrimonio tutte queste aspettative sono mascherate da un alone di amore, sogni e  progetti comuni e le discussioni su queste questioni concrete non si affronteranno finchè non saranno diventate motivo di frustrazione. Sono molti gli aspetti della vita coniugale che possono essere fonte di frustrazione minacciando cosi il sodalizio, tra queste possiamo porre l’accento su: scarsa comunicazione, aspettative rigide, intromissione di significati e investimenti particolari fatti su una determinata area che possono cospirare alla disgregazione dell’alleanza coniugale.

 Molti matrimoni risentono delle divergenze sulla visione dei doveri familiari sopratutto poichè i ruoli tradizionali sono diventati meno netti e mancano per lo più i precedenti se cui basarsi per stabilire gli specifici settori di responsabilità di ciascun partner. Nel suo aspetto e significato “comune” la ripartizione dei compiti è un’operazione agevole, ma, spesso, l’esecuzione del compito viene subordinata a delle dottrine astratte a cui la persona fa riferimento come: la parità, la reciprocità etc che possono sfociare in recriminazioni per quanto riguarda i  rispettivi contributi, portando a vissuti negativi  sia del partner e  che del rapporto di coppia. Capita, infatti, che uno dei coniugi pensi di fare di più di quanto  debba e questo porta spesso a discutere aspramente su questioni di vita quotidiana. Sotto queste liti spesso ci sono una miriade di atteggiamenti, paure che alimentano il conflitto e che vanno esaminate e risolte.

Tra le aree che possiamo considerare più a “rischio” si può ricordare quella dell’educazione dei figli, dei rapporti sessuali, problemi con i parenti sopratutto acquisiti.

Help Autostima….

L’autostima è un’esperienza soggettiva e stabile di valutazione positiva del proprio valore basata sulla considerazione che si ha di sè. E’ facile riconoscere una persona con un buon livello di autostima poichè in questi casi si gode appieno della propria vita, si è capace di essere e  di agire in base ai propri desideri, rispettando quelli degli altri e mettendo a frutto le proprie potenzialità in maniera equilibrata e armoniosa. Avere un buon livello di autostima contribuisce a :

  • Mantenere uno stato di equilibrio psicologico ed interiore
  • Accettarsi e valorizzare i propri aspetti positivi
  • Avere fiducia nelle proprie potenzialità
  • Vivere pienamente nel presente

Una buona autostima è certamente fondata su una percezione di se stesso come persona degna di amore, di rispetto nonostante i propri limiti e difetti, con la capacità di assecondare i pripri bisogni ed aspirazioni.

Possiamo dire che una sana autostima si fonda su:

  •  consapevolezza di sè :  capacità di ampliare la propria fiducia e il proprio rispetto per se stessi, essere consapevoli sia delle prioprie possibilità che dei limiti
  • valutazione positiva di sè e responsabilità personale: capacità di assumersi la responsabilità delle proprie scelte senza attribuire ad altri la colpa dei propri errori
  • capacità di accettarsi: riuscire ad essere benevoli nei propri confronti senza essere troppo severi e estremamente giudicanti.

Il processo di autovalutazione spesso dipende dalla considerazione e dalla valutazione che gli altri hanno nei nostri confronti e ciò implica che un’eventuale paura del rifiuto può portare l’individuo a nascondere o negare la propria espressione autentica. La mancanza di un sano senso di autoapprezzamento è uno dei segnali d’allarme di una personalità disfunzionale; chi ha scarsa autostima dubita della propria adeguatezza e della capacità di affrontare le richieste della vita, prova dei sentimenti di insicurezza, disagio, ha paura di partecipare attivamente alle esperienze che gli si presentano. Queste persone manifestano, spesso, un’assenza di amore per sè e un’ incapacità di riconoscersi delle qualità positive.

L’autostima in realtà non è la perfezione non è l’evitare di commettere un errore ma è l’accettazione incondizionata di  noi stessi con le nostre caratteristiche positive e negative, con i nostri limiti ed errori che dobbiamo imparare a ridimensionare nella loro componente minacciosa e utilizzarli per aumentare la nostra consapevolezza.

 Importante è imparare a riconoscere le affermazioni negative su noi stessi soffermandoci sui nostri pensieri per individuare da un lato la critica non costruttiva e all’altro la parte sana. L’ autostima riguarda il nostro modo di prenderci cura di noi stessi mettendo a fuoco  la nostra personale capacità di dare senso al nostro valore di persona imparando ad agire spontaneamente, a prendere decisioni, a dire di no quando serve e sopratutto ad esprimere i nostri sentimenti ed le notre emozioni. Per chi ha ricevuto sufficiente fiducia in se stesso e nella vita perchè supportato da una base sicura questo compito sarà più facile, infatti, non si può trascurare il fatto che determinante è l’esperienza della fiducia originaria che il bambino piccolo fa con la madre. Come afferma Erik Erikson il concetto di fiducia originaria è ” la sensazione di potersi fidare dei propri genitori ma anche di se stessi”. spesso i messaggi che ci danno da bambini nei primi anni possono sortire l’effetto di stroncare lo sviluppo di una buona autostima sminuendo il valore del soggetto come persona unica e bisognosa di amore.  Anche se è verissimo che le nostre esperienze passate influenzano la nostra autostima, il nostro modo di viverci non è comunque mai troppo tardi per apprendere a volerci bene.

Progetto in pace con il dentista…

 

L’avversione verso le cure odontoiatriche si manifesta in varie forme, infatti, molti pazienti provano nervosismo e senso di disagio durante la seduta odontoiatrica, ciò non impedisce loro di recarsi dal dentista, ma certo ne farebbero volentieri a meno. Coloro che invece vanno dal dentista solo in situazioni d’emergenza sono pazienti che provano ansia e paura. Il bambino in genere è solo impaurito perché gli hanno raccontato alcuni fatti o perché ha avuto già un’esperienza spiacevole. L’adulto invece oltre che pauroso diventa ansioso, la causa è in genere una brutta esperienza vissuta o sentita raccontare.  A volte la persona afferma che non ricorda brutte esperienze con il dentista  ciononostante si sente a disagio e prova ansia. Nel caso del paziente adulto la paura si manifesta rimandando il più possibile l’appuntamento   al momento dell’incontro è tachicardico e ha sbalzi di pressione diventa iperteso e rosso in volto oppure ipoteso e pallido e a volte sviene. Finita l’urgenza prende un nuovo appuntamento, ma poi non si presenta e rimanda. Proprio per superare questo tipo di problematiche e permattere di effuare una buona prevenzione e cura abbiamo in collaborazione con alcuni studi dentisti progettato un percorso di sostegno e desensibilizzazione sia per bambini che per adulti.

Incontri di gruppo: La discussione in gruppo si pone come scopo principale quello di permettere il confronto delle esperienze ed elaborare come il proprio vissuto negativo può influenzare le nuove esperienze.

 Le tematiche principali da trattare durante gli incontri  con i genitori saranno:

  • Prevenzione, cura ed esperienze personali.
  • Come il proprio atteggiamento e vissuto possono influenzare il comportamento del figlio nei confronti del dentista.

Spazio di consulenza: Verrà messo a disposizione uno spazio di consulenza per eventuali richieste da parte dei clienti dello studio medico.

Percorso individuale : con obiettivo di aiutare nella desensibilizzazione al dentista quelle persone particolarmente traumatizzate che non riescono per via dei vissuti personali ad avvicinarsi a questo tipo  di cure.

In collaborazione con studio medico Della Guardia